lo studio di scheletri antichi
Il Laboratorio si occupa dello studio di reperti scheletrici, sia inumati che cremati, provenienti da scavi archeologici di pertinenza di diverse Soprintendenze, in particolare della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Lombardia. Le tecniche analitiche dell’antropologia confrontate con altre indagini possono rilevare le caratteristiche tipiche della popolazione, eventuali caratteri trasmessi geneticamente, la presenza di gruppi morfologici peculiari e fornire indicazioni utili alla ricostruzione dei movimenti popolazionistici e ai tassi di mortalità e morbidità. Di particolare interesse è infatti anche lo studio patologico, che permette di ricavare informazioni sullo stato di salute e sulle occupazioni dei singoli individui e, più in generale, sulla popolazione in esame. Sulle ossa, infatti, è possibile individuare segni riferibili a malattie infettive, neoplastiche, metaboliche e congenite, così come si può risalire alla presenza di traumi, ai quali il soggetto è sopravvissuto o che ne hanno causato la morte. Lo studio della dentizione e di alcune classi di patologie, quali gli stress markers o le malattie metaboliche, oltre alle indagini chimiche, permette di estrapolare elementi riguardanti la dieta delle popolazioni. I segni correlabili a patologie degenerative-artrosiche e ad alterazioni delle inserzioni muscolari, nonché alcune peculiarità dentarie e, talvolta, anche i traumi possono fornire indicazioni circa le attività svolte dalla popolazione oggetto di studio. L’analisi patologica è altresì utile per la ricostruzione della storia della medicina in genere, dell’evoluzione degli agenti patogeni e dei quadri patologici in senso diacronico e sincronico.
Il materiale scheletrico in alcune epoche storiche può avere subito un processo di combustione, principalmente per ragioni rituali. Nonostante il contatto con il fuoco apporti modificazioni morfologiche e metriche, oltre a un tasso di frantumazione elevato rispetto a quelle inumate, è comunque possibile effettuare studi antropologici e paleopatologici ai fini della ricostruzione del profilo biologico dei singoli soggetti e del quadro popolazionistico.

Gli studi sui resti scheletrici provenienti dalle necropoli milanesi di età romana e tardoantica, in particolare quelli condotti sulla necropoli rinvenuta nei cortili dell’Università Cattolica, hanno ad esempio già rivelato il quadro di una popolazione eterogenea per sesso ed età, che, contrariamente a quanto sembra emergere dalle fonti scritte dell’epoca, non godeva di una buona qualità della vita, soprattutto sotto il profilo nutrizionale. La dieta era povera, secondo quanto ricavato dalle analisi chimiche, e gli scheletri mostrano quasi in maniera omogenea segni di carenze di ferro. Da un punto di vista patologico, erano diffuse malattie infettive, tra cui la sifilide, importante anche per le ripercussioni che potrebbe avere avuto sull’intera popolazione. Infatti, questa malattia è facilmente trasmissibile (per via venerea o materno-fetale) e, allo stadio terminale, può avere effetti neurologici devastanti, portando anche a patologie psichiatriche.

Interessanti, soprattutto sotto il profilo patologico, sono i risultati emersi dal confronto dei dati ricavati dallo studio di differenti necropoli di età romana della Lombardia: a Milano e a Brescia si ha testimonianza di una popolazione che non doveva godere di un ottimo stato di salute, mentre a Como, Casteggio (PV) e in alcuni piccoli centri del bergamasco gli abitanti sembravano stare meglio, come mostrano la bassa incidenza di deficit nutrizionali e l’assenza di gravi infezioni e di patologie correlabili a cattive condizioni di salute.
Questo è solo un esempio di come l’indagine antropologica sia fondamentale per ricostruire il passato.