Identificazione
COME SI IDENTIFICA UN CADAVERE?
Il primo passo nell'identificazione consiste, qualora i resti siano gravemente compromessi, nella diagnosi di specie, per capire se si tratti di materiale umano. Una volta accertata la natura umana, viene eseguita la diagnosi di sesso e di età tramite le procedure antropologiche ed odontologiche più avanzate. Rilevante risulta inoltre l’accertamento del gruppo etnico di appartenenza e altri connotati quali l’altezza, malattie pregresse, interventi chirurgici ed odontoiatrici. Infine, si può dare un volto ai resti tramite la ricostruzione facciale da divulgare insieme all’identikit, chiamato in gergo tecnico il “profilo biologico”.
Una volta che si ha un sospetto di identità si prosegue alla comparazione dei dati antemortem della persona scomparsa e dei dati postmortem del cadavere. L’identificazione personale infatti si basa unicamente su un’attività di confronto di parametri biologici fra le informazioni del sospetto d’identità e quanto rilevato dall’esame autoptico e dall’indagine antropologica dei resti. Il Laboratorio identifica cadaveri tramite diversi approcci; in particolare, è possibile procedere all'identificazione tramite metodiche antropologiche attraverso il confronto di caratteri rilevabili su resti di tessuti molli e sulle ossa.


Le metodiche dattiloscopiche applicate su cadavere ben conservato sono tra le più accreditate ai fini identificativi. Le impronte digitali infatti possiedono un elevato potere individualizzante, in quanto originate da un processo casuale che rende, ad esempio, diversi i profili dattiloscopici anche nei gemelli omozigoti. Le impronte digitali, sebbene danneggiate dai processi di decomposizione o di carbonizzazione, possono essere ripristinate con l’utilizzo di particolari accorgimenti di natura chimica che consentono in tal modo di ottenere un profilo dattiloscopico di confronto per l’eventuale identificazione. Il Labanof si occupa della ricostruzione delle creste papillari nei casi di cadaveri compromessi per fenomeni putrefattivi, per poi fornire ai dattiloscopisti delle Scientifiche impronte utilizzabili per la ricerca AFIS.
RICOSTRUZIONE FACCIALE
Il Laboratorio applica le metodiche di ricostruzione facciale in casi forensi ai fini di giungere ad un sospetto di identità; da più di 20 anni tale metodica viene applicata per la costruzione di un’immagine visiva che rappresenti i dati biologici emersi dall’indagine antropologica e faciliti il richiamo alla memoria di scomparsi attraverso la sua diffusione tramite i mass media.
La ricostruzione facciale infatti, seppur non sia una metodica identificativa, in quanto il volto è solo in parte influenzato dall’architettura ossea sottostante, costituisce un modo per unire le diverse informazioni del profilo biologico in un’immagine intelleggibile e facile da ricordare per chi la osserva.
Le fasi finali sono completate dalla rielaborazione dell’immagine ottenuta al computer, allo scopo di inserire i dettagli del volto.
Il LABANOF esegue ricostruzioni facciali non solo in ambito forense, ma anche in campo archeologico allo scopo di tentare di riprodurre il volto di soggetti appartenenti a popolazioni del passato.
Negli ultimi anni sono state effettuate diverse ricostruzioni facciali da cadaveri sconosciuti, il cui risultato è stato diffuso attraverso i media e su questo sito; in alcuni casi la diffusione della ricostruzione facciale ha permesso di giungere ad un’identificazione positiva.